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Psicologia e dintorni

Invecchiamento positivo e benessere

Avere un buono stile di vita individuale può fare la differenza

 

di D.ssa Rossella Pavani

 

Si usa il termine “stile di vita” per caratterizzare un set di pratiche che l’individuo adotta non solo per rispondere ai propri bisogni materiali, ma di tutte quelle che lo portano “al riconoscimento della propria identità” (1). Avere un buono stile di vita individuale, inteso come modello comportamentale duraturo e costante nel tempo, oltre ad avere un effetto preventivo sull’insorgenza delle patologie, può fare la differenza in caso di malattia. Infatti “chi ha un migliore stile di vita è più probabile che raggiunga un equilibrio con la malattia” (2); mantenendo un’idea positiva di sé, nonostante la disabilità della malattia o le condizioni sfavorevoli, viene favorita la visione della vita da una prospettiva di apertura e di ottimismo verso il futuro che predispone all’interesse, alla curiosità e all’attività.

Da questi presupposti, all’interno della cornice teorica della Psicologia Positiva, il cui obiettivo è quello di individuare “forze e virtù” di ciascun individuo (3), promuovendo risorse e potenzialità soggettive senza ignorarne limiti e disfunzionalità (4), si è affermato un approccio il cui focus è rivolto proprio allo studio dello “star bene”, della realizzazione di sé e della propria felicità (5). Si è, dunque, fatta strada l’idea per cui l’invecchiamento è una “condizione che si costruisce a partire da se stessi e dalle relazioni con gli altri individui piuttosto che da fattori esterni non governabili” (6) e dove la longevità è frutto dell’ottimismo (7) e della ricerca della possibilità di soddisfare sia i propri bisogni primari sia i propri desideri (8). Fattori questi che, se presenti, condizionano la qualità della vita e di conseguenza la sua estensione negli anni.

La qualità generale della propria vita è, dunque, strettamente connessa alle proprie sensazioni ed al significato attribuito alle prospettive personali (9) e non solo al semplice possedere una buona salute. Infatti, come riportato da diversi autori, l’essere “in salute” dipende da un complesso di fattori non tutti di pertinenza sanitaria  e “l’assenza di malattia-malessere” da sola non basta per invecchiare bene (10).

 

Bibliografia

  1. Giddens, A. (1991). Modernity and self-identity: Self and society in the late modern age. PolityPress.

  2. Baltes, M. M., & Carstensen, L. L. (1996). The process of successful ageing. Ageing and society, 16(4),397-422.

  3. De Beni, R. (A cura di). (2009). Psicologia dell'invecchiamento. Bologna: ilMulino.

  4. Sheldon, K. M., & King, L. (2001). Why positive psychology is necessary. American psychologist, 56(3),216-217.

  5. Seligman, M. E. (1991). Learned optimism. Firenze: Giunti - trad. it.1996.

  6. Gastaldi, A., & Contarello, A. (2006). Una questione di età: rappresentazioni sociali dell'invecchiamento in giovani e anziani. Ricerche di Psicologia(4),7-35.

  7. Havighurst, R. J. (1961). Successful aging. The Gerontologist, 1(1),4-7.

  8. Cesa-Bianchi, M., Cristini, C., & Cesa-Bianchi, G. (2004). Positive Aging. Ricerche di Psicologia, 27(1),191-206.

  9. Lucchetti, M. (1999). Invecchiare bene. Lo stile di vita positivo per la salute e nella dipendenza. Bologna: ilMulino.

  10. Peirone, L., & Gerardi, E. (2010). Invecchiare al meglio. La psicologia della salute nell’evoluzione verso la seniorship. Psicologi a confronto, 4(2),61-76

         Scortegagna, R. (2005). Invecchiare. Bologna: il Mulino.

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