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Capo I (artt. 1-21)  Principi generali di deontologia professionale

 

 

 

CAPO I

Principi generali

Articolo 1

Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’igno­ranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse re­gole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.

 

Articolo 2

L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

 

Articolo 3

Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamen­to umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole del­la responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e po­litici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conse­guenze.

 

Articolo 4

Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla ri­servatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salva­guardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il desti­natario dell’intervento stesso.

 

Articolo 5

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e ag­giornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali ope­ra. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

 

Articolo 6

Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salva­guarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli stru­menti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

 

Articolo 7

Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazio­ni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibi­lità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risul­tati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documen­tazione adeguata ed attendibile.

 

Articolo 8

Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita da­gli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a cono­scenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

 

Articolo 9

Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, an­che relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il con­senso stesso. Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero del­la raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve esse­re dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stes­si, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

 

Articolo 10

Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli ani­mali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

 

Articolo 11

Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

 

Articolo 12

Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a co­noscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonian­za, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destina­tario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

 

Articolo 13

Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rap­porto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

 

Articolo 14

Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad in infor­mare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

 

Articolo 15

Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto pro­fessionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

 

Articolo 16

Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguar­dare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

 

Articolo 17

La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la cu­stodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale docu­mentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di siste­mi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

 

Articolo 18

In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

 

Articolo 19

Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica com­petenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

 

Articolo 20

Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

 

Articolo 21

L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento ri­servati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stes­sa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’e­sercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della profes­sione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’inse­gnamento di conoscenze psicologiche.

 

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